Ieri in treno.
Da quanto non accadeva più? Rassegnato a lunghe solitudini automobilistiche ho gustato la piccola folla di voci, odori, storie smezzate...Vociare allegro, come di fiati scordati da banda di paese.
Un vagone senza scompartimenti, ad un piano unico. Si viaggia in una ideale e transitoria piazza di paese.
Belle ragazze dallo sguardo perennemente in fuga, agghindate della loro ammaliante giovinezza, scollature discrete, vestite con sensuale parsimonia dal gran caldo. Mamme invecchiate, odorose di prezzemolo e sapone, che si infilano agili nei discorsi dei vicini di poltrona. E rumeno, albanese, italiano dagli accenti più svariati, cinese...un campionario assortito della varia umanità che scorre nelle vene della Capitale.
La campagna romana. Lì fuori scorre, ora veloce ora più lenta, colorata di papaveri e di paglia, smisurati parallelepipedi d'oro acceso e tonde, grandi balle, in file ordinate. Ancora mi meraviglia, questa campagna che sa nascondersi tra le pieghe e le piaghe di questo piccolo pianeta di cemento e travertino, e riapparire selvaggia e profumata, tra una borgata e l'altra.
E mi bevo, come fossero gocce di miele dlizioso, i mille perchè che Davide mi riversa contro in brevi raffiche, incollato al vetro del finestrino ad annotare con gli occhi il mondo che scorre...
2 commenti:
Il viaggio è sempre più importante della meta, anche se tendiamo a dimenticarlo.
Un abbraccio, Laura
I vaggi in treno sono una costante della mia vita in questi ultimi cinque anni. Alcune delle cose più belle è stato proprio un treno a donarmele.
Perchè, a volte, il mondo sempre persino più vero dai finistrini di un treno...
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