Oggi vorrei prendere il telefono, digitare un numero magico e poter parlare con mia madre.
L’ho persa quando avevo diciassette anni.
E allora vorrei che fosse un telefono magico, capace di farmi risentire il suo profumo, di farmela sentire vicina, magari prenderla in braccio, come le ultime settimane…
Vorrei parlarle del nostro piccolo Principe, del mio lavoro, di quanto sono cambiato con gli anni, di tutti i miei lati deboli che nascondo al mondo, di tutto il dolore che da allora mi sono tenuto dentro…
Sarà Echoes, riaffiorata dalle stanze più disabitate della memoria, il buio e la chitarra che lancia strali, urla, gemiti, colori. Ha aperto uno spiraglio nella coltre che avevo steso attorno ad una parte di me, un fantasma oramai.
Sistema limbico. La zona più profonda del cervello, immagazzina colori, odori, suoni e li imprime in una memoria profonda, arcaica. Sfugge ai sistemi di controllo della psiche. Raccoglie singoli fotogrammi e li conserva pericolosamente vivi. Un profumo o un suono, musica o anche rumori familiari, possono poi aprire improvvisamente varchi inaspettati nelle pareti della cella in cui abbiamo rinchiuso quei ricordi. E allora è una frana, una slavina che cambia il paesaggio.
Vorrei esistesse questo telefono, stasera, prima che gli alacri operai della mia coscienza occultino il varco.
2 commenti:
Quel telefono c'è, è ben nascosto nel tuo cuore, ma c'è e puoi usarlo quando vuoi.
Io lo faccio spesso...
Sciura Pina
A me succede di fare delle telefonate notturne.
Un abbraccio,
Laura
(http://filosoffessa.wordpress.com)
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